La Flavescenza Dorata
La Flavescenza dorata è, fra le malattie della vite, quella che oggi maggiormente preoccupa i viticoltori della Lombardia. Essa infatti, a partire dal 1999, ha causato danni ingenti nelle principali aree viticole della regione e si teme che possa causarne ancora nel futuro, minacciando anche quelle aree che finora sono risultate indenni (ad esempio la Valtellina). L’opera di contenimento della malattia potrà risultare più efficace se tecnici e viticoltori sapranno conoscerla e individuarla e, di conseguenza, effettuare tempestivamente le misure consigliate, segnalando prontamente eventuali nuovi casi al Servizio Fitosanitario Regionale (Tel. 02/66711855 [email protected]) o, a livello locale, direttamente all’ufficio agricoltura del Parco di Montevecchia ([email protected]).
La Flavescenza dorata (FD) fa parte dei cosiddetti “giallumi” della vite (GY = grapevine yellows), ossia di quel gruppo di ampelopatie provocate da fitoplasmi e caratterizzate da alterazioni di colore (ingiallimenti o arrossamenti) delle foglie, scarsa lignificazione dei tralci e disseccamento dei grappoli.
Dei vari giallumi la FD è certamente la forma più temibile sia per i danni che provoca alla produzione e al vigore vegetativo delle viti colpite sia per la rapidità con la quale può diffondersi in una zona viticola nella quale si siano costituite popolazioni consistenti dell’insetto vettore, ossia della cicalina Scaphoideus titanus.
SINTOMATOLOGIA E DANNI
La tipica sintomatologia che caratterizza la FD e gli altri giallumi della vite, si manifesta a partire dal mese di luglio e va accentuandosi con il progredire della stagione. Essa può essere riassunta
come segue:
- foglie: arrotolamento del margine verso il basso, talvolta molto accentuato fino a fare assumere alla foglia, a fine stagione, una forma triangolare; colorazione giallo-dorata (nelle cultivar a uva bianca) o rosso-vivo (nelle cultivar a uva nera), che può interessare l’intera lamina o settori delimitati nettamente da nervature o le nervature stesse; consistenza papiracea e progressiva tendenza a sbriciolarsi se stretta in una mano;
- grappoli: graduale disidratazione degli acini a partire, più o meno, dall’epoca dell’invaiatura, fino a completo disseccamento del grappolo;
- tralci: lignificazione irregolare, a tratti o totalmente assente: sicché i tralci colpiti restano erbacei e assumono un aspetto cadente; sugli internodi possono comparire pustole nerastre di aspetto oleoso; durante l’inverno, per effetto delle basse temperature, i tralci non lignificati necrotizzano e assumono una colorazione nerastra: di qui la denominazione di “legno nero” data a una delle forme di giallume. Va detto che per lo più i sintomi sopra descritti non compaiono su tutti i tralci della vite colpita, ma solo su alcuni di essi, a volte su uno soltanto (specialmente se si tratta di infezione recente): ciò ha fatto intravedere la possibilità di risanare le piante eliminando tempestivamente alla base il tralcio o i pochi tralci con sintomi.
EPIDEMIOLOGIA
Ciò che rende particolarmente temibile la FD è la rapidità di diffusione; ciò è dovuta essenzialmente al fatto che ha come vettore naturale e particolarmente efficiente la cicalina Scaphoideus titanus, la quale, oltre a essere molto mobile come tutte le cicaline, è anche strettamente ampelofaga, ossia usualmente si nutre solo su vite.
Ma occorre tener presente che vi è un’altra modalità di diffusione delle fitoplasmosi in un’area viticola, spesso determinante ai fini del loro insediamento in vigneti o in zone che prima ne erano esenti; ed è quella derivante dall’utilizzo di materiale di propagazione infetto. Dai dati sperimentali di cui si dispone risulta che sia i fitoplasmi della FD che quelli del LN, al contrario di quanto avviene per i virus, si trasmettono in percentuali piuttosto basse sia nella moltiplicazione agamica (produzione di talee) sia attraverso l’innesto. Tuttavia basta l’arrivo di poche barbatelle infette per determinare in un vigneto o in un’area viticola un pericoloso focolaio d’infezione che può rapidamente propagarsi in presenza di popolazioni apprezzabili di un vettore efficiente.
Tant’è che si ha il forte sospetto che le epidemie di FD verificatesi in varie zone dell’Italia
settentrionale nell’ultimo decennio abbiano avuto origine dall’importazione di barbatelle infette
provenienti da aree della Francia invase dalla malattia. Inoltre vi è da tener presente che il materiale
vivaistico non ben controllato può essere portatore anche delle uova di S. titanus che la femmina adulta
depone nell’estate fra le screpolature del ritidoma dei tralci di uno o, più frequentemente, di due anni.
POSSIBILITÀ DI DIFESA
- Impiegare barbatelle sane per i nuovi impianti. Infatti, come già si è detto, l’introduzione nel vigneto anche di poche barbatelle infette verrebbe a costituire una pericolosa fonte d’inoculo dalla quale gli insetti vettori potrebbero in breve tempo diffondere l’infezione a molte altre viti con conseguenze talvolta molto pesanti sotto il profilo economico.
- eliminare le fonti d’inoculo già presenti nel vigneto o nelle immediate vicinanze e che prevede quindi l’estirpamento delle viti con sintomi di giallume e la distruzione di piccoli vigneti non più coltivati e non più sottoposti a difesa antiparassitaria.
Va anche detto che l’eliminazione delle viti affette da giallume è misura sostenibile quando la malattia è in fase iniziale e ha interessato soltanto una piccola percentuale di piante presenti nel vigneto, quando cioè si trova ancora a uno stadio che si può definire di “primo focolaio”. La stessa misura diventa di più difficile attuazione quando la malattia ha già colpito una percentuale consistente delle viti presenti, specialmente se si tratta di un vigneto ancora giovane o in piena produzione. - Eseguire due trattamenti insetticidi (Obbligatori in base al Decreto Ministeriale del 31 maggio 2000 - G.U. del 10.7.2000) con principi attivi efficaci contro S. titanus. Un primo trattamento, rivolto contro le forme giovanili, deve essere effettuato circa un mese dopo la schiusura delle prime uova e quindi intorno alla metà di giugno. Il secondo trattamento, mirato contro le forme adulte, va eseguito circa 20 giorni dopo il primo (quindi nella prima metà di luglio) e può essere efficace anche contro le tignole dell’uva. Quanto ai principi attivi da impiegare nei suddetti trattamenti sarà bene che i viticoltori si rivolgano ai tecnici del Parco oppure consultino direttamente la pagina della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia (www.agricoltura.regione.lombardia.it ) per informazioni di maggior dettaglio.
Si riporta comunque il documento relativo al comunicato del trattamento da effettuare nei mesi di giugno e luglio.
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