La civiltà paleolitica di Cascina Barbabella e Cascina Bagaggera
Clima e paesaggio al tempo dei Neandertaliani e dei Sapiens
Lanfredo Castelletti. Direttore Musei Civici di Como
A partire da 2,5 milioni di anni fa il clima della terra è caratterizzato da un'alternanza di periodi freddi, i glaciali (o glaciazioni) e di periodi caldi, gli interglaciali. I periodi freddi sono in genere assai più lunghi dei periodi caldi; due periodi o stadi, freddo e caldo, formano un ciclo. Nel corso degli ultimi 2,5 milioni di anni si verificano circa 50 cicli e negli ultimi 800 mila anni 10, ma molto marcati. L'ultimo glaciale, conosciuto come glaciazione di Würm, inizia 100 mila anni fa e termina circa 12 mila anni fa con l'Olocene, l'interglaciale nel quale viviamo: il ciclo non è quindi ancora terminato.
Come ogni glaciale anche il Würm inizia con un brusco raffreddamento, seguito da oscillazioni di clima più freddo o meno freddo ma con tendenza a un progressivo abbassamento della temperatura, sino a giungere all'ultimo massimo glaciale che si svolge fra 22 mila e 18 mila anni fa e durante il quale le temperature medie della superficie degli oceani scendono a valori di circa -9 °C.
Le informazioni sui cambiamenti climatici del passato ci vengono dalle ricerche condotte trivellando i grandi ghiacciai della terra, a partire da quelli dell'Antartide, dalle carote ricavate dal fondo dei mari e degli oceani, dalle analisi dei pollini e di altri reperti vegetali, dai resti faunistici ecc.
La trivellazione di Vostok in Antartide, ad esempio, profonda oltre 3600 metri copre un arco di 420 mila anni, datati con il metodo del deuterio, e registra non solo i cambiamenti di temperatura ma anche le variazioni di contenuto in anidride carbonica e metano dell'atmosfera nel corso di questo lungo periodo.
Le carote ricavate dai depositi dei fondi marini, rivelano le trasformazioni del clima attraverso variazioni di colore, di composizione chimica, di contenuto in resti biologici, come i gusci dei microscopici foraminiferi o delle alghe silicee, le diatomee o i granuli di polline. I massimi glaciali sono registrati nelle carote dalla presenza di frammenti di roccia portati dagli iceberg che durante i periodi più freddi si allontanano dal polo sciogliendosi in aree oggigiorno assolutamente prive di ghiaccio.
Lo studio dei pollini o palinologia viene applicato ai depositi continentali e marini. Negli anni '70 del secolo scorso il paleobotanico H.J.Beug osserva attraverso lo studio dei pollini che durante gli stadi freddi non si verifica la presunta migrazione della vegetazione dalle regioni più fredde a quelle più caldo, cioè una sorta di scivolamento delle "fasce di vegetazione (tundra, taiga, foresta temperata ecc.) per effetto dell'abbassamento della temperatura. Piuttosto tutta l'area mediterranea e una parte di quella temperata meridionale risultano coperte da una rada vegetazione steppica. Solo salendo in quota si possono osservare tracce di bosco. Tutto ciò è dovuto a una forte diminuzione delle precipitazioni. L'abbassamento di temperatura delle acque degli oceani riduce l'evaporazione e sull'Europa centrale, in particolare sulle Alpi occupate dai ghiacci, si forma permanentemente un campo di alta pressione. Esso impedisce l'accesso all'Europa centrale, ma soprattutto al Mediterraneo delle correnti umide provenienti dall'Atlantico a vantaggio delle correnti fredde e secche provenienti da Est. Questa vegetazione steppica favorisce lo sviluppo di grandi branchi di erbivori, gazzelle, cavalli selvatici, bisonti e di ospiti nordici come il camoscio, lo stambecco e la marmotta attualmente rifugiatisi sulle Alpi, o l'alce ora presente solo nel Nord dell'Europa. Questa grande biomassa costituisce una fonte quasi inesauribile di nutrimento per i gruppi di cacciatori paleolitici: prima i neandertaliani portatori della cultura Musteriana e poi, dopo una sovrapposizione di qualche decina di migliaia di anni, a partire da circa 35 mila anni fa, gli uomini sapiens.
Nonostante queste profonda trasformazioni del paesaggio, rimangono attive alcune zone di rifugio che permettono la sopravvivenza delle piante che a glaciazione ultimata rioccuperanno le aree liberate dalla steppa e dai ghiacci. Diverse specie tuttavia non resistono all' intenso e prolungato raffreddamento e scompaiono come il cedro e il rododendro del Ponto che sono tornati in Europa solo qualche secolo fa, portate dell'uomo come piante ornamentali da paesi extraeuropei.
Lo studio dei carboni di legna cioè dei resti dei focolari accesi dagli uomini del Paleolitico possono fornirci immagini molto precise del paesaggio vegetale. Presso Bagaggera, una cascina nel "Parco di Montevecchia", in comune di Rovagnate (LC) il ghiacciaio proveniente dalla Valtellina risparmiò una parte del rilievo consentendo la conservazione delle tracce sia dei neandertaliani che degli uomini sapiens. In un deposito di circa 1.50 di spessore si sono conservati strumenti in selce e scarti di lavorazione. Una data con la termoluminescenza fissa a 60.000 anni fa la frequentazione del sito. I carboni provenienti dai fuochi accesi dai neandertaliani indicano in questo periodo la compresenza di piante a foglie caduche di clima temperato, il nocciolo e il carpino e di piante di clima freddo, il pino, il larice e l'abete rosso. Attualmente una situazione analoga si può trovare verso i 1200-1300 m di quota, cioè a più di 1000 m di altezza rispetto al sito di Bagaggera. Si può stimare a -4/-5°C la temperatura media di allora rispetto all'attuale. Una fase precedente quella datata con la selce contiene solo carbone di pino e indica un periodo più freddo e un'altra immediatamente successiva, con pino e betulla, indica un nuovo raffreddamento climatico.
Dopo l'ultimo massimo glaciale, fra 22000 e 18000 anni fa la glaciazione si esaurisce e le lingue glaciali si ritirano definitivamente. I dati paleobotanici, stando a recenti ricerche condotte nella convalle di Como, sembrano indicare una rapida ricomparsa delle piante. Le datazioni dei depositi dei laghetti intramorenici di Alserio, Annone, Segrino testimoniano uno sviluppo di 15000 anni non calibrati dei sedimenti postglaciali. E' probabile che si formino dapprima dei rifugi avanzati della vegetazione temperata mentre predomina ancora la steppa accompagnata da specie di clima freddo come larice, pino e abete rosso. Il periodo che precede il definitivo miglioramento climatico è però caratterizzato da due o tre oscillazioni in senso freddo. Infine si ristabilisce ovunque la foresta temperata con boschi fitti di querce, tigli, olmi frassini, sulle medie alture con foreste miste di latifoglie e di conifere, mentre nella fascia montana si rifugiano il larice, l'abete rosso e i pini.
Già precocemente intorno a 12000 anni fa compaiono le prime tracce di incendi. Sembra ragionevole che si possano attribuire ai gruppi di cacciatori- raccoglitori epipaleolitici. Tracce dei loro successori, i cosiddetti mesolitici, sono state trovate negli scavi di Erbonne in Valle Intelvi e sul Monte Cornizzolo condotti dal Museo Archeologico di Como. Siamo intorno a 8000 anni fa e la vegetazione forestale ha oramai colonizzato tutte le aree montane. Sulle Prealpi predomina l'abete bianco. Fra pochi secoli dall'Oriente arriveranno popolazioni in grado di produrre cibo in quantità utilizzando piante coltivate e animali domestici. Questi arrivi cambieranno radicalmente il corso della storia.
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